La scarpa piatta esiste da sempre. Poi a stravolgere gli
“equilibri” ci pensa lei, Caterina De’ Medici, che nel 1533 vuole le sue scarpe
nuziali rialzate. Aveva capito che quelle calzature avrebbero slanciato la sua
figura. Per i due secoli successivi la suola piatta è stata sostituita dagli
stiletti, anche per gli uomini. Ma i gusti cambiano nuovamente durante la
Rivoluzione Francese, quando il tacco viene considerato volgare e ostentativo.
Le scarpe di questo periodo sono delicatissime, quasi dei guanti per i piedi. È
il 1832 quando Marie Taglioni, una ballerina di origine italiana, forse per
apparire più alta e aggraziata, per la prima volta danza l’intero balletto de
La Sylphide sulle punte di queste scarpe intinte nel gesso liquido. Un
successo. Tanto che le fa utilizzare anche al suo corpo di ballo. Ma il più del
merito va a Rose Repetto, che inizia a realizzare le chaussons de danse per il
figlio, il ballerino Roland Petit, poi grande coreografo. Il primo paio di
ballet shoes
viene creato nel 1947, in un piccolo laboratorio vicino
l’Opera di Parigi. Nel 1952 Madame Repetto lancia la prima campagna
pubblicitaria. Queste scarpette con la punta arrotondata, però, sono
un'esclusiva delle étoiles della danza classica e nessuna donna si sogna di
indossare delle calzature senza un minimo di tacco. Quattro anni dopo la
svolta: Brigitte Bardot richiede a Madame Repetto delle calzature delicate e
facili da indossare, proprio come le scarpette da danza, ma da portare tutti i
giorni. Nascono le Cendrillon (dedicate appunto a Cenerentola), BB le sceglie
rosse per il film Et Dieu… créa la femme, sfila con le sue Repetto al Festival
di Cannes e continua ad incantare la Côte d'Azur. L’anno successivo è la volta
di Audrey Hepburn. Le indossa in Funny Face (Cenerentola a Parigi) e da quel
momento diventano un accessorio indispensabile del suo guardaroba, sul set e
nella vita privata. Come se non bastasse, a conferire a queste scarpe un’allure
da diva tocca anche a Jacqueline Kennedy. Lei, che le ama a tal punto da
richiederne un paio al mese al suo designer di fiducia, sbarca a Capri
abbinandole a quei pantaloni dal taglio particolare (capri, per l’appunto), con
tanto di foulard e occhiali da sole oversize. E anche se è passato molto tempo
da allora,
queste scarpette-icona non hanno perso il loro
fascino. Da allora sono diventate un must del guardaroba, si sono trasformate
in simbolo incontrastato di eleganza, classe e femminilità. Sobria. Mai
volgare. Negli anni 80, però, l’era delle sneakers sembra voler soppiantare le
ballerine. Un ventennio di buio. Poi, col nuovo millennio, le dolly shoes
rinascono. Sarà perché la Repetto in questi anni viene rilevata e si assiste ad
un nuovo lancio del brand, grazie soprattutto all’aiuto di alcuni trendy
designers, come Issey Miyake, Yohji Yamamoto, Comme des Garçons? Sarà per la
natura ciclica della moda? O sarà perché, comunque sia, le ballerine compaiono
tra le 50 scarpe che hanno cambiato il mondo? In queste ultime stagioni sono
tornate più in voga che mai, con Kate Moss che gioca alla nuova BB, una vera
fashionista come Sienna Miller e una Première Dame del calibro di Carlà. E se
le più tradizionali, proprio come quelle delle danceurs, presentano un piccolo
fiocchetto all'estremità, ogni anno le case di moda propongono infinite
rivisitazioni: da Salvatore Ferragamo a Roger Vivier, da Gucci a Marc Jacobs.
Le abbiamo viste sulle passerelle di Chloé, Bally e Miu Miu. Con orgoglio
tricolore, poi, a questi nomi sacri non possiamo non aggiungere le creazioni di
Porselli, l’ambasciatore della danza italiana nel mondo, romantiche e very
chic. Le number one, comunque, rimangono le Repetto: anche questo storico
marchio, infatti, presenta delle novità per ogni stagione. Dalle romantiche
Mary Jane alle stringate Zizi (anche per quegli uomini che vogliono lasciarsi
ispirare da Serge Gainsbourg). Quelle dall’allure vintage, nate dalla
collaborazione con John Derian, e quelle ispirate al tango o alla danza jazz. I
modelli realizzati in onore delle grande dive del passato, come BB o Jackie, e
quelli che nascono da iniziative di beneficenza. Il segreto della loro
leggerezza e flessibilità? La particolare “technique du cousu retourné”,
utilizzata da sempre. Insomma, mille twist diversi di un must irrinunciabile,
tanto che i designers hanno studiato la versione prêt-à-porter, da tenere in
borsa in caso di emergenza. Un accessorio glamour da abbinare a seconda
dell'umore e del look. Evergreen, intramontabile. Una storia d’amore senza
tempo. E voi, le avevate sottovalutate?
Nessun commento:
Posta un commento