lunedì 9 febbraio 2015

LE BALLERINE, NON SOTTOVALUTIAMOLE



La scarpa piatta esiste da sempre. Poi a stravolgere gli “equilibri” ci pensa lei, Caterina De’ Medici, che nel 1533 vuole le sue scarpe nuziali rialzate. Aveva capito che quelle calzature avrebbero slanciato la sua figura. Per i due secoli successivi la suola piatta è stata sostituita dagli stiletti, anche per gli uomini. Ma i gusti cambiano nuovamente durante la Rivoluzione Francese, quando il tacco viene considerato volgare e ostentativo. Le scarpe di questo periodo sono delicatissime, quasi dei guanti per i piedi. È il 1832 quando Marie Taglioni, una ballerina di origine italiana, forse per apparire più alta e aggraziata, per la prima volta danza l’intero balletto de La Sylphide sulle punte di queste scarpe intinte nel gesso liquido. Un successo. Tanto che le fa utilizzare anche al suo corpo di ballo. Ma il più del merito va a Rose Repetto, che inizia a realizzare le chaussons de danse per il figlio, il ballerino Roland Petit, poi grande coreografo. Il primo paio di ballet shoes
viene creato nel 1947, in un piccolo laboratorio vicino l’Opera di Parigi. Nel 1952 Madame Repetto lancia la prima campagna pubblicitaria. Queste scarpette con la punta arrotondata, però, sono un'esclusiva delle étoiles della danza classica e nessuna donna si sogna di indossare delle calzature senza un minimo di tacco. Quattro anni dopo la svolta: Brigitte Bardot richiede a Madame Repetto delle calzature delicate e facili da indossare, proprio come le scarpette da danza, ma da portare tutti i giorni. Nascono le Cendrillon (dedicate appunto a Cenerentola), BB le sceglie rosse per il film Et Dieu… créa la femme, sfila con le sue Repetto al Festival di Cannes e continua ad incantare la Côte d'Azur. L’anno successivo è la volta di Audrey Hepburn. Le indossa in Funny Face (Cenerentola a Parigi) e da quel momento diventano un accessorio indispensabile del suo guardaroba, sul set e nella vita privata. Come se non bastasse, a conferire a queste scarpe un’allure da diva tocca anche a Jacqueline Kennedy. Lei, che le ama a tal punto da richiederne un paio al mese al suo designer di fiducia, sbarca a Capri abbinandole a quei pantaloni dal taglio particolare (capri, per l’appunto), con tanto di foulard e occhiali da sole oversize. E anche se è passato molto tempo da allora,
queste scarpette-icona non hanno perso il loro fascino. Da allora sono diventate un must del guardaroba, si sono trasformate in simbolo incontrastato di eleganza, classe e femminilità. Sobria. Mai volgare. Negli anni 80, però, l’era delle sneakers sembra voler soppiantare le ballerine. Un ventennio di buio. Poi, col nuovo millennio, le dolly shoes rinascono. Sarà perché la Repetto in questi anni viene rilevata e si assiste ad un nuovo lancio del brand, grazie soprattutto all’aiuto di alcuni trendy designers, come Issey Miyake, Yohji Yamamoto, Comme des Garçons? Sarà per la natura ciclica della moda? O sarà perché, comunque sia, le ballerine compaiono tra le 50 scarpe che hanno cambiato il mondo? In queste ultime stagioni sono tornate più in voga che mai, con Kate Moss che gioca alla nuova BB, una vera fashionista come Sienna Miller e una Première Dame del calibro di Carlà. E se le più tradizionali, proprio come quelle delle danceurs, presentano un piccolo fiocchetto all'estremità, ogni anno le case di moda propongono infinite rivisitazioni: da Salvatore Ferragamo a Roger Vivier, da Gucci a Marc Jacobs. Le abbiamo viste sulle passerelle di Chloé, Bally e Miu Miu. Con orgoglio tricolore, poi, a questi nomi sacri non possiamo non aggiungere le creazioni di Porselli, l’ambasciatore della danza italiana nel mondo, romantiche e very chic. Le number one, comunque, rimangono le Repetto: anche questo storico marchio, infatti, presenta delle novità per ogni stagione. Dalle romantiche Mary Jane alle stringate Zizi (anche per quegli uomini che vogliono lasciarsi ispirare da Serge Gainsbourg). Quelle dall’allure vintage, nate dalla collaborazione con John Derian, e quelle ispirate al tango o alla danza jazz. I modelli realizzati in onore delle grande dive del passato, come BB o Jackie, e quelli che nascono da iniziative di beneficenza. Il segreto della loro leggerezza e flessibilità? La particolare “technique du cousu retourné”, utilizzata da sempre. Insomma, mille twist diversi di un must irrinunciabile, tanto che i designers hanno studiato la versione prêt-à-porter, da tenere in borsa in caso di emergenza. Un accessorio glamour da abbinare a seconda dell'umore e del look. Evergreen, intramontabile. Una storia d’amore senza tempo. E voi, le avevate sottovalutate?

















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