Tutto l'animalier, nell'antica Grecia, era conosciuto come
zoote. Oggi è leopardato, zebrato, tigrato, pitonato o sintetizzato dai termini
“maculato” e “animalier”. La decorazione tessile che ricorda il manto delle
fiere nell'epoca greco-romana si riconduceva al culto dionisiaco, associato
all'ebrietà e alla lussuria, la cui figurazione biblica, la lonza dal “pel
macolato”, impedisce a Dante Alighieri il cammino verso la salvezza.
Nell'iconografia quattrocentesca di Maria Maddalena è spesso presente la pelliccia
maculata, riferimento ai trascorsi lascivi della santa, ma l'animalier è
associato all'esoterico e al satanico, specie durante il Rinascimento, quando
si iniziò a studiare il paganesimo antico e la civiltà egizia, nella quale il
leopardo rappresentava un vincolo con l'adilà, o anche, come descritto nel
volume Iconologia di Cesare Ripa del 1593, la figurazione della Libidine, con
indosso una “pelle di pardo”,perché si mescolava con altri felini e le cui macchie sono
paragonate ai pensieri impuri dell'uomo libidinoso. Nel 1756 l'innamoratissimo
Nattier ritraeva la sua Madame de Maison-Rouge in veste di Diana dal manto
maculato, mentre risale al 1787 la Zebra suit per l'uomo à la page, raffigurata
in stampa presso la Galerie des Modes et Costumes Français. Tra il 1880 e il
1900 il movimento britannico Aesthetic Movement, usò i motivi animalier per
capi dalle linee fluide, che liberano il corpo, diretti a una donna
intellettuale ed emancipata, La perfetta crasi tra donne e animali in arte si
ha con Ertè, “mago miracoloso” che rivestì con pelli piume e macchie i corpi
femminili, inscrivendoli in uno spazio segnico rigido, domando il loro effetto
di senso e trasformandoli in feticcio glamour. La vera donna-fiera è Josephine
Baker, stella del Folies Bergère con la Revue nègre: siamo nel 1930, la Baker è
di colore, esotica, selvaggia e osa costumi succinti da
donna-pavone.Indimenticabile l'immagine del 1952 di Ava Gardner in perle e
guêpière leopardata adagiata su un manto en pendant, o di Audrey Hepburn in cappello
leopardato nel film Sciarada del 1963. L'animalier sfila in passerella per la
prima volta in occasione della collezione P/E 1947 di Christian
Dior che decise
di avvolgere le suemodelle in nuvole di chiffon leopardato. Secondo Vogue il
'71 è stato “l'anno della zoologia nei ricami, nei gioielli, negli stampati,
ornamenti per donne-fiere, libere e sensuali. L'animalier ha caratterizzato
anche gli abiti di Valentino, incoronato da Nancy Hastings sul Toronto Star
"Re della giungla della moda", il 26 dicembre '87. Cinque anni dopo,
nel gennaio 1992, la fashion-jungle era sofferente per la crisi dei fatturati,
a cui Gianni Versace rispose, durante le sfilate prêt-à-porter maschile di
Milano, collezioni A/I 1992/93, con camicie in seta maculate, appunto per dare
nuova linfa alla flora e alla fauna della giungla. Lo stilista contemporaneo
che ha fatto dell'animal print una brand identity è Roberto Cavalli di cui
ricordiamo la stampa ghepardo già negli anni Settanta e poi, ancora, nella
stagione P/E 1996, il zebrato nella P/E 1999, e la stampa farfalla P/E 2006, e
in più paillette a squame di pesce, fantasie leopardo, coccodrillo, lince,
serpente. Cavalli ha sponsorizzato la mostra del 2006 Wild: Fashion Untamed
tenutasi al Metropolitan Musem of Art di New York, volta a mostrare la
storicità e l'interculturalità dell'animalier, l'deale di femminilità-felina,
ovvero della donna predatrice e preda, attraverso le creazioni di Alaïa, Dior,
Galliano, Gaultier, McQueen, Mugler, Versace. L'animalier ha una posizione di predominio
nel sistema moda contemporaneo, è sempre più usato in tutte
le sue declinazioni da diversi stilisti; è la figurazione di una donna grintosa
capace di cambiare pelle e di immedesimarsi in vari ruoli.
Josephine Baker 1930
Valentino 2000
Alaia 1991
Audrey Hepburn 1963
Ava Gardner 1952
Dolce e Gabbana 1994
Dolce e Gabbana 1991
Dior 1947
Josephine Baker 1960
Valentino 2000
Versace 1991
Versace 1996
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