Minimale, versatile, accessibile ed elegante, the little
black dress è considerato da quasi un secolo ormai, l’evergreen che ogni donna
dovrebbe avere all’interno del proprio guardaroba, nonché il precursore del più
celebre manifesto ideologico contemporaneo in fatto di stile: less is more.
Storicamente considerato indecente se indossato al di fuori dei periodi di
lutto, il sofisticato abitino nero, viene sdoganato dalla lungimirante Coco
Chanel negli anni Venti, e compare per la prima volta su Vogue America nel 1926
vicino a un mare di abiti con colori sgargianti e ricami superflui, così come
voleva la moda del primo dopoguerra. Celebrato dall’autorevole rivista come il
capo destinato a diventare "una sorta di uniforme per le donne di tutto il
mondo e di qualunque estrazione sociale", The Little Black Dress viene
considerato la "Ford" di Chanel in termini di semplicità e potenza e
in poco tempo diventa il simbolo della cosiddetta povertà di lusso e di una
semplicità chic.
Un successo destinato a durare nel tempo e crescere perfino
in periodi di assoluta crisi come la Grande Depressione, per via del suo
carattere economico ed elegante. Ma non solo. Il suo tipico colore nero lo
rende un imprescindibile costume nei primi film a colori (a causa delle
distorsioni cromatiche dovute all’allora giovanissimo Technicolor) nonché la più
diffusa uniforme per le donne civili durante la seconda guerra mondiale. Sono
gli anni 50, con la nascita del New Look inaugurato da Christian Dior, a
restituire all’abitino nero la sua femminilità, mentre il cinema hollywoodiano
lo fa indossare alle sue numerose femme fatales e la diffusione delle fibre
sintetiche ne moltiplica le fogge. Così, se negli anni 60 gli orli si
accorciano moltissimo, negli 80 il Little Black Dress diventa una sexy tenuta
da lavoro per le nuove business women affette dall’ossessione del fitness,
arricchito da accessori quali le spalline o le cinture altissime. Ma la sua
flessibilità si riconferma forse nella maniera più eclatante pochi anni dopo,
con l’avvento del grunge e le sue inedite reinterpretazioni, tra cui il noto
accostamento agli anfibi. Tuttavia, se il Little Black Dress è ancora uno degli
indumenti più popolari oggi, non è solo per la sua indiscutibile versatilità (proibito ai matrimoni...) ma
anche per la fedeltà dimostrata da personaggi indimenticabili come Wallis
Warfield Simpson, Duchessa di Windsor, solita affermare che "quando un
abitino nero è quello giusto, non c’è niente che possa sostituirlo",
oppure Edith Piaf, icona francese che nella sua carriera si
è esibita con indosso esclusivamente abiti di quel genere. Ma volendo passare
al grande schermo non possiamo certo dimenticare la It girl Betty Boop, né
tanto meno Holly Golightly, che in Breakfast at Tiffany’s indossa uno degli
abiti più iconici di tutti i tempi: il tubino nero disegnato per l’occasione da
Hubert de Givenchy. Tubino che tuttavia il famoso stilista (nonché caro amico
di Audrey Hepburn e già autore dei suoi abiti nel film Sabrina), aveva ideato
diversamente da quello utilizzato nella prima scena della commedia romantica di
Blake Edwards. Infatti l’abito, nella sua versione originale, era stato rivisto
da Edith Head perché considerato troppo corto, senza per questo smettere mai di
essere attribuito al genio di Givenchy. Il designer, che di Holly Golightly non
ha immaginato soltanto l’abito ma anche i fili di perle, la sigaretta, i lunghi
guanti e i grandi occhiali da sole, oltre a descrivere magistralmente il
personaggio, lo ha legato indissolubilmente alla sua interprete, facendo della
Hepburn un’icona indiscussa e di quell’abito il suo simbolo. In definitiva, se
Coco Chanel ha dato i natali al little black dress, rivoluzionando
l’abbigliamento del secondo dopoguerra come solo lei sapeva fare, la potenza
dell’immagine di Audrey sulla Fifth Av., riflessa nella vetrina di Tiffany, gli
ha regalato l’eternità.
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